Banca d’Italia: l’aumento delle tasse crypto al 42% potrebbe causare evasione fiscale?

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La Banca d’Italia segnala rischi nell’aumento delle tasse crypto al 42%, sottolineando come la misura potrebbe avere un impatto minimo sul gettito ma incentivare l’evasione trasferendo attività verso operatori esteri.

Vediamo in questo articolo tutti i dettagli. 

Banca d’Italia critica l’efficacia della misura sulle tasse crypto per aumentare il gettito fiscale

La recente proposta di aumentare la tassazione sui profitti da crypto-attività al 42% ha sollevato numerosi interrogativi e preoccupazioni. 

Durante l’audizione sulla Legge di Bilancio, la Banca d’Italia ha esposto le sue perplessità riguardo a questa misura, evidenziando che potrebbe portare a risultati contrari a quelli desiderati dal governo. 

Se l’obiettivo è quello di aumentare il gettito fiscale, la Banca d’Italia ha avvisato che l’effetto potrebbe essere invece “trascurabile”. 

Inoltre, la banca centrale teme che una tassazione così elevata possa spingere gli investitori a occultare i propri asset o a rivolgersi a piattaforme extra-UE. 

Complicando dunque ulteriormente il monitoraggio delle attività crypto e riducendo l’efficacia della regolamentazione fiscale.

Secondo la Banca d’Italia, l’aumento dell’aliquota dal 26% al 42% sui guadagni realizzati attraverso le criptovalute porterebbe solo un incremento marginale al gettito fiscale. 

Questo potrebbe essere attribuito al fatto che molti investitori, scoraggiati dalla tassazione troppo alta, preferirebbero trasferire i propri asset su piattaforme estere o evitare completamente di dichiarare i propri guadagni. 

La banca centrale evidenzia come un’imposizione fiscale troppo onerosa su un settore così fluido e internazionale come quello delle criptovalute potrebbe rivelarsi controproducente. 

Portando di conseguenza a una fuga di capitali e riducendo di fatto la base imponibile disponibile.

L’effetto “trascurabile” sul gettito, segnalato dalla Banca d’Italia, rende quindi dubbia l’efficacia di questa misura fiscale per i bilanci dello Stato. 

Senza un’adeguata regolamentazione internazionale e strumenti di controllo efficaci, una tassazione eccessiva potrebbe soltanto incentivare pratiche elusive. 

Inoltre, potrebbe addirittura far sparire le crypto-attività dalla giurisdizione italiana, spostandole verso territori fiscalmente più accomodanti.

Il rischio dell’instabilità normativa

La Banca d’Italia ha anche sottolineato come un aumento improvviso della tassazione possa generare una percezione di instabilità normativa nel settore crypto, già caratterizzato da volatilità e incertezza. 

Cambiamenti bruschi e pesanti nelle aliquote fiscali creano un clima di sfiducia e incertezza per gli investitori e per le imprese che operano con crypto-attività, rendendo più difficile pianificare investimenti a lungo termine.

Inoltre, l’instabilità normativa rischia di danneggiare il potenziale di sviluppo di un ecosistema crypto solido e regolamentato in Italia, allontanando talenti e imprese innovative.

Con un quadro normativo chiaro e stabile, il settore delle criptovalute potrebbe invece contribuire in modo positivo all’economia, attraendo investitori e aziende del settore blockchain. 

L’inasprimento delle aliquote fiscali rischia invece di danneggiare questo potenziale, rendendo l’Italia meno competitiva rispetto ad altri paesi europei e mondiali che stanno adottando normative più flessibili e incoraggianti.

Uno dei principali rischi, evidenziato dalla Banca d’Italia, riguarda il trasferimento delle cripto-attività verso operatori extra-UE, una strategia che potrebbe diventare comune per evitare la tassazione eccessiva. 

La facilità con cui le criptovalute possono essere trasferite in altre giurisdizioni rende plausibile questa possibilità. 

Gli investitori, anziché affrontare un’imposizione fiscale del 42%, potrebbero semplicemente decidere di spostare le loro attività verso piattaforme estere, fuori dalla portata delle autorità fiscali italiane.

Questa tendenza potrebbe generare effetti negativi non solo dal punto di vista fiscale, ma anche dal punto di vista della sicurezza e della trasparenza del mercato crypto italiano.

Di conseguenza, la normativa avrebbe l’effetto opposto rispetto a quello desiderato. 

Alternative per una regolamentazione efficace

Alla luce di queste considerazioni, molti esperti suggeriscono che l’Italia dovrebbe considerare approcci alternativi per regolamentare il settore delle criptovalute senza scoraggiare gli investitori. 

Una possibilità potrebbe essere quella di introdurre aliquote fiscali più moderate e di promuovere incentivi per chi sceglie di dichiarare le proprie attività crypto in modo trasparente. 

Un sistema di tassazione progressiva, che tenga conto del volume delle transazioni o della durata dell’investimento, potrebbe rappresentare una soluzione equilibrata che garantisca un gettito stabile senza penalizzare eccessivamente gli investitori.

Inoltre, per limitare il trasferimento verso operatori esteri, sarebbe utile promuovere una collaborazione più stretta con altre autorità fiscali europee e internazionali.

In modo da creare un quadro normativo condiviso che renda meno conveniente l’esportazione delle crypto-attività. 

Un accordo comune in Europa per una regolamentazione uniforme delle criptovalute potrebbe rappresentare un deterrente efficace contro l’evasione fiscale e favorire la creazione di un mercato crypto regolamentato e sicuro all’interno dell’UE.