Nelle prossime settimane, ovvero entro la fine di aprile, è attesa l’approvazione definitiva da parte del Parlamento Europeo del nuovo regolamento sulle cripto-attività, il cosiddetto MiCA (Markets in Crypto-Assets).
La prima proposta di regolamento MiCA è stata presentata dalla Commissione Europea nel settembre del 2020, quindi sono passati due anni e mezzo da allora.
Tuttavia, ormai la bozza finale sembra essere pronta per poter essere portata in Parlamento per l’approvazione finale. Una volta approvata, occorreranno 18 mesi dalla data di entrata in vigore per far scattare l’obbligo di adeguamento, che quindi presumibilmente dovrebbe arrivare nel secondo semestre del 2024.
A dire il vero già a giugno del 2022 si arrivò all’accordo provvisorio tra Consiglio e Parlamento europeo, ma da allora la data di approvazione definitiva ha subito diversi slittamenti.
Il fatto è che ci sono ancora dei punti poco chiari, ed uno, quello sugli NFT, a quanto pare è ancora in discussione.
Il nodo degli NFT
La bozza finale del regolamento MiCA suddivide i crypto-asset in tre categorie, ovvero e-money token, utility token e asset-referenced token.
Le criptovalute come Bitcoin ed Ethereum rientrano nella prima definizione, ovvero di fatto vengono considerati token di pagamento, ma per gli NFT le cose si complicano.
Questa categoria di asset digitali infatti presenta ancora incertezze, tanto che si sta ancora discutendo se inserirla o meno nel perimetro di applicazione di questa nuova direttiva.
Sicuramente non sono token di pagamento, perchè non fungibili. Non sono nemmeno considerabili degli utility token, tranne magari in rare eccezioni, ma di per sè non sono nemmeno token che rappresentano altri asset, come ad esempio quelli delle stablecoin, tranne che in alcuni casi.
Quindi o vengono introdotti con una nuova categoria, oppure dovrebbero essere trattati in separata sede.
Attualmente non risultano esplicitamente inclusi nel perimetro di applicazione del MiCA, ma a quanto pare l’idea del legislatore è quella di imporre di fatto il rispetto della nuova normativa anche ai token non fungibili.
Da notare, infatti, che nella bozza finale che dovrebbe andare in approvazione ad aprile non c’è ancora una categoria specifica dedicata agli NFT, pertanto se dovesse andare in aula così com’è ora il nuovo regolamento si applicherebbe agli NFT in modo forzato.
In alternativa i legislatori europei hanno ancora un po’ di tempo per aggiungere alla bozza magari una sezione esplicitamente dedicata agli NFT, oppure per ampliare la sezione dedicata agli asset-referenced token in modo da comprendere anche quegli NFT che non vengono utilizzati come certificati che rappresentano asset esterni.
La cosa curiosa, però, è che i token non-fungibili ormai sono una caratteristica nativa di diverse blockchain, quindi parrebbe strano che non venissero presi in considerazione in quello che vorrebbe essere un regolamento generale per i crypto-asset.
L’applicazione del MiCA sul mercato crypto
Come già evidenziato, per l’effettiva entrata in vigore dell’obbligo di applicazione del regolamento MiCA si dovrà attendere almeno la seconda metà dell’anno prossimo.
A quel punto il rispetto di questo regolamento diverrà obbligatorio per tutte le persone fisiche e giuridiche coinvolte nell’emissione, negoziazione e fornitura di servizi crypto all’interno dell’Unione Europea.
In questo momento, però, non sembra essere ancora chiaro l’esatto perimetro di applicazione, perchè il regolamento parla di “servizi correlati” alle criptovalute, ovvero in teoria tutti i servizi che in qualche modo rientrano nella filiera delle criptovalute.
Il fatto è che tra questi rientrerebbero proprio tutti i servizi legati al settore crypto, senza un chiaro confine che delimiti fin dove arriva il regolamento, e dove invece cessa l’obbligo del suo rispetto.
Ad esempio, le software house che creano wallet non custodial rientrerebbero nell’obbligo del rispetto del regolamento MiCA, pur non fungendo da intermediari? I gestori di protocolli DeFi rientrerebbero nell’obbligo di rispetto della nuova direttiva?
Ovvero, si applica anche ai servizi decentralizzati, in cui non c’è un intermediario realmente responsabile della sua gestione, o si applica solo a soggetti centralizzati che operano come intermediari?
L’ipotesi più diffusa sembra essere la seconda, anche perchè è estremamente difficile imporre regolamenti esterni a servizi decentralizzati, ma dato che la normativa si applica anche alle persone fisiche, chi ha qualche ruolo di responsabilità in un qualsiasi progetto crypto potrebbe essere comunque costretto a rispettarla.
Da notare che gli operatori di valute virtuali centralizzati già da tempo sono soggetti al controllo delle autorità, ad esempio tramite l’obbligo di registrazione, quindi sul fatto che questi soggetti siano obbligati al rispetto del regolamento MiCA non vi è dubbio alcuno.
Gli exchange centralizzati, e tutti gli intermediari che custodiscono criptovalute di terzi, rientrano di fatto in questa categoria.
Le proteste per il nuovo quadro normativo
Nel corso dei mesi in cui è stata elaborata la bozza del nuovo regolamento MiCA dell’Unione Europea molti operatori del settore crypto hanno protestato.
Fin dall’inizio le nuove norme proposte sono state considerate eccessivamente rigide e pressanti, e a dir poco non innovative.
Ciò che paventano gli operatori del settore crypto è che l’obbligo di rispetto del regolamento MiCA li costringerà a dover sopportare maggiori costi, dovendoli quindi poi scaricare sui clienti.
Inoltre, sembra più un banale adeguamento del mercato crypto a quello tradizionale, ovvero un tentativo di involuzione ed un’occasione mancata di evoluzione.
Già di per sè l’Unione Europea ad oggi non è un luogo particolarmente favorevole agli operatori crypto, ma con le nuove regole potrebbe diventarlo paradossalmente ancora meno.
Non bisogna dimenticare che in Europa, ma fuori dalla UE, c’è la Svizzera, ovvero uno dei principali hub crypto mondiali, che già da anni ha saputo adeguarsi a queste nuove innovazioni. Il rischio è che il MiCA possa finire per favorire ulteriormente proprio la Svizzera, a scapito dei Paesi UE.
Al di fuori dell’Europa ci sono Dubai e gli Emirati Arabi Uniti (UAE) che stanno lavorando molto per diventare un hub crypto, ed il Medio Oriente di fatto è contiguo all’Europa. Quindi da questo punto di vista la UE non subirà solo la concorrenza interna all’Europa della Svizzera, ma anche quella esterna degli UAE.