Hashrate basso: crolla la difficulty del mining di Bitcoin

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Da qualche giorno a questa parte l’hashrate del mining di Bitcoin risulta essere in calo. 

La media mobile a sette giorni ha toccato un picco minimo mensile il 28 novembre, sotto i 240 Eh/s, per poi riprendersi leggermente ad inizio novembre e risalire fino a 254 Eh/s. 

Tuttavia ad inizio novembre era sopra i 270 Eh/s, quindi il livello attuale è ancora nettamente inferiore a quello di un mese fa. 

Non è un caso che a partire dal 21 novembre il block-time sia salito sopra i 10 minuti, rendendo necessaria una riduzione della difficulty. 

Bitcoin mining: l’aggiustamento della difficulty dopo il calo dell’hashrate

Infatti, è appena avvenuto un nuovo aggiustamento della difficulty con una discesa addirittura del 7,3%. 

Fino a ieri era di quasi 37T, mentre oggi è scesa a 34,2T. 

Gli aggiustamenti della difficulty di Bitcoin avvengono in automatico, e sono gestiti dallo stesso protocollo decentralizzato alla base di Bitcoin. 

Avvengono esattamente ogni 2.016 blocchi, ovvero circa ogni due settimane. Il precedente aggiustamento è avvenuto il 21 novembre, ed il prossimo dovrebbe avvenire il 20 dicembre. 

La difficulty rende più o meno difficile l’estrazione degli hash che confermano i singoli blocchi. Il fatto è che l’algoritmo SHA-256 con cui vengono minati i blocchi ha tempistiche di esecuzione abbastanza ben prevedibili, quindi a seconda di quanto hashrate viene utilizzato a livello globale per minare Bitcoin, è possibile calcolare quale livello di difficulty serve per mantenere la media del block-time attorno a 10 minuti. 

Il block-time è il tempo che intercorre tra un blocco ed il successivo che viene concatenato alla blockchain. 

Visto che il block-time di Bitcoin era rimasto superiore ai 10 minuti per troppi giorni, si è resa necessaria una riduzione della difficulty all’aggiornamento della medesima avvenuto al blocco 766.080. Si è trattato del 379° aggiustamento della difficulty di Bitcoin che ha dato il via all’epoca 380, ovvero per l’appunto quella in corso con una difficulty di circa 34,2T. 

Le difficoltà per i miner

Il fatto che il block-time nei giorni scorsi fosse superiore a 10 minuti significa che l’hashrate nelle ultime due settimane è diminuito. 

Il fatto è che minare BTC ha costi molto elevati, soprattutto per quanto riguarda l’energia elettrica, e dato che gli incassi sono in BTC qualora il prezzo di Bitcoin fosse basso i guadagni sono inferiori al solito. 

Ad inizio novembre il prezzo di Bitcoin era di circa 20.000$, scesi a 15.500$ il 10 del mese. 

I miner hanno cercato di tenere duro, nonostante il calo del prezzo di BTC, ma a partire dal 14 novembre hanno dovuto iniziare a spegnere le macchine meno efficienti, ovvero quelle che consumano di più. 

Il 21 novembre c’è stato un aggiustamento della difficulty, ma in leggero aumento, dato che nelle due settimane precedenti il block-time era rimasto mediamente sotto i 10 minuti. 

Tale aumento della difficulty ha reso ancora meno conveniente minare BTC con le macchine meno efficienti, tanto che a quel punto molti miner hanno dovuto prendere la decisione di spegnerne alcune, facendo scendere l’hashrate ai minimi mensili di fine novembre. 

A quel punto il block-time è salito sopra i 10 minuti, rendendo necessaria la forte riduzione della difficulty di oggi. 

Si è trattato della maggior singola riduzione della difficulty del 2022, dovuta primariamente al basso valore di mercato di Bitcoin, ed al fatto che i miner fino al 21 novembre avevano cercato di tenere duro e continuare a minare il più possibile. 

La paura per la fine del mining

Chi non conosce queste dinamiche potrebbe facilmente cadere nell’equivoco di considerare il mining di Bitcoin un’attività a rischio di chiusura. 

In fondo se i costi dovessero rimanere superiori ai guadagni, a nessun miner converrebbe continuare a minare BTC. 

Ma in realtà l’aggiustamento della difficulty una volta ogni due settimane può ridurre i costi del mining, in modo da farli comunque risultare sostenibili. Tutto dipende dall’entità della riduzione, ed essendo questa calcolata sul block-time, ovvero sul risultato dell’effettiva attività di mining, alla fine risulta sempre adeguata a riportare l’attività del mining nel suo complesso redditizia. 

Ciò che cambia è il livello di redditività, per ora ancora ai minimi degli ultimi anni, e la quantità di macchine che i miner tengono accese. Tuttavia Bitcoin per funzionare non necessità in realtà di molto hashrate, tanto che anche quando la Cina bannò il mining facendo crollare l’hashrate di colpo del 30% Bitcoin continuò a funzionare senza problemi, grazie alla riduzione automatica della difficulty. 

Pertanto non ha senso avere paura che il mining finirà, perché anche se il valore di mercato di BTC dovesse crollare ci sarà sempre qualcuno a cui converrà continuare a minarlo. 

Da notare che l’attuale livello di difficulty, dopo la forte riduzione di oggi, è comunque ancora molto vicino ai massimi di sempre, toccati per l’appunto il 21 novembre. Questo rende bene l’idea di come nel suo complesso il mining di Bitcoin non sia assolutamente in crisi, sebbene vi siano molti miner ad esserlo. 

Inoltre, la riduzione della difficulty insieme ad una riduzione del consumo di elettricità, e quindi dei costi del mining, ne aumenta anche la redditività, facendo sì che sia pressoché impossibile che non vi sia più alcun miner a cui convenga minare BTC. 

Non è un caso che anche l’attuale livello di hashrate rimane vicino ai massimi di sempre, perché in realtà è ancora pieno di miner a cui conviene minare Bitcoin.