Il 9 novembre è iniziato l’ultimo crash del mercato delle criptovalute.
L’8 novembre la capitalizzazione complessiva del mercato crypto era superiore a 1.000 miliardi di dollari, mentre il 10 novembre era scesa quasi a 800 miliardi.
Il crash è dovuto all’improvviso fallimento del grande exchange crypto FTX che ha colto praticamente tutti di sorpresa.
La domanda che ora tutti si fanno è se questo crash continuerà, o se si è fermato.
In realtà il crash dovuto alla chiusura di FTX si è già fermato, perchè nei giorni seguenti al 10 novembre la capitalizzazione complessiva del mercato crypto non è più scesa sotto gli 800 miliardi.
Ma la domanda di cui sopra non deve essere riferita necessariamente al solo crollo dovuto a FTX, ma deve prendere in considerazione anche l’eventuale reazione a catena.
La reazione a catena di maggio/giugno che ha portato il crash delle criptovalute
Un crash per certi versi simile avvenne tra maggio e giugno.
Il 4 maggio 2022 la capitalizzazione era di circa 1.800 miliardi di dollari, ma a partire dal 6 maggio iniziò a scendere.
Allora la causa principale fu l’implosione dell’ecosistema Terra/Luna, praticamente azzerato nel giro di una settimana.
Il 13 maggio la capitalizzazione complessiva dei mercati crypto era scesa sotto i 1.300 miliardi di dollari, ed il peggio sembrava passato.
Ma a quel punto si innescò una reazione a catena che portò al fallimento di Celsius, Voyager e 3AC, avvenuto però a giugno.
Se il 10 giugno la capitalizzazione era ancora di poco inferiore a 1.300$, sei giorni dopo era scesa sotto i 900 miliardi.
Quindi il primo crollo, durato circa una settimana, creò una perdita complessiva del 28%, a cui seguì il mese successivo un altro -30%. In totale in poco più di un mese, la perdita cumulata è stata del 50%.
Una nuova reazione a catena?
La perdita della scorsa settimana è stata del 20%, ovvero in proporzione inferiore a quella di maggio.
A questo punto sarebbe lecito attendersi un’altra perdita simile nel caso anche questa volta in cui si innescasse una reazione a catena.
In realtà tale reazione si è già innescata, ma per ora è stata di magnitudine inferiore a quella di maggio/giugno.
Inoltre probabilmente è già stata prezzata dal mercato, sebbene non è affatto detto che non possa più capitare nulla di inaspettato.
Il fatto è che sia l’implosione di Luna, sia il fallimento di Celsius, prima, e di FTX poi sono stati eventi inaspettati. Quindi se da un lato per poter immaginare un nuovo crash simile a quello di giugno bisognerebbe ipotizzare una qualche altra clamorosa implosione inaspettata, dall’altra per ora ci sono solo vaghi segni di qualcosa del genere.
Ma, per l’appunto, gli eventi imprevedibili non sono per definizione prevedibili.
Il caso Grayscale
Attualmente è già noto, quindi non più imprevedibile, che la reazione a catena abbia coinvolto BlockFi e Genesis Global Capital.
Non è, però, ancora chiaro se sia coinvolta anche Grayscale o no.
Quello che si sa è che Grayscale dovrebbe detenere addirittura più di 630.000 Bitcoin, quindi una sua eventuale implosione potrebbe essere un grosso problema.
I dubbi nascono dal fatto che il prezzo delle azioni del suo Grayscale Bitcoin Trust (GBTC) sono di gran lunga sottovalutati.
In teoria GBTC è solo un fondo che possiede BTC, tanto che l’andamento del prezzo delle sue azioni dovrebbe replicare quello di Bitcoin. Così invece non è.
Ad ogni azione del fondo dovrebbero corrispondere 0,00091502 BTC, custoditi al sicuro in cold wallet. Questo significa che ai prezzi attuali ogni azione dovrebbe valere circa 15$, mentre invece venerdì venivano scambiate a poco più di 8,3$.
Il fatto che vengano scambiate ad un valore inferiore del 45% a quello che dovrebbero avere sta facendo temere molti che vi sia qualche problema di fondo, e che Grayscale possa essere costretta a vendere i propri Bitcoin.
A ciò va aggiunto che la società non ha voluto pubblicare le prove che certificano il possesso delle riserve in BTC per coprire l’intero ammontare del fondo, ma su questo punto è saltata fuori una novità dell’ultim’ora.
La custodia di quelle riserve è affidata a Coinbase, e Coinbase ha reso noti pubblicamente i dati riguardanti i BTC e gli ETH in custodia per conto di Grayscale. Sebbene ciò non sia affatto sufficiente per certificare con assoluta certezza che tali riserve esistano e siano sufficienti, ha però dato una mano ad indebolire l’ipotesi di un’eventuale insolvenza di Grayscale.
La reazione del mercato al nuovo crash delle criptovalute
Concentrandosi su Bitcoin, si scopre che nelle ultime 24 ore il prezzo era tornato per ben due volte sotto i 16.000$, probabilmente anche proprio per il fatto che Grayscale si rifiutasse di fornire le prove delle riserve.
Quando però hanno iniziato a circolare le informazioni provenienti da Coinbase il prezzo ha fatto un piccolissimo spike che lo ha riportato sopra i 16.100$.
Questo, però, non vuol dire affatto né che i mercati si siano convinti che Grayscale abbia tutte le riserve, né che il prezzo di Bitcoin sia salito stabilmente sopra i 16.000$. Significa solo un po’ di paura è passata.
Da notare che il prezzo minimo raggiunto da Bitcoin in questo crash è stato di circa 15.500$ toccato il 9 novembre, e da allora è sempre rimasto sopra questa cifra.
Ciò evidenzia piuttosto chiaramente che il crash di inizio novembre sia ormai terminato, ma non dà garanzia alcuna sul fatto che non se ne possa innescare un altro.
Anzi, i dubbi riguardanti Grayscale circolati negli ultimi giorni hanno riportato il prezzo di Bitcoin sotto i 16.000$, rendendo evidente come si tratti di un rischio che il mercato crypto non ha ancora prezzato.
D’altronde per ora circolano solamente ipotesi sulla possibile insolvenza di Grayscale, senza prove concrete che corrisponda al vero.
Bisogna però anche aggiungere che il mercato non ha solo paura che Grayscale possa fallire, ma ha anche paura che i suoi BTC possano essere liquidati sul mercato in massa.
Il futuro prossimo
A questo punto la domanda che ci si fa, oltre a quella riguardante la tenuta di Grayscale, è se il futuro ci riserverà ancora spiacevoli sorprese sul breve periodo.
Ad esempio la settimana scorsa circolavano voci per nulla rassicuranti su Crypto.com, ma tali voci si sono poi rivelate scorrette.
Si pensava, infatti, che l’exchange non fosse in grado di resistere all’enorme carico di richieste di prelievo, tanto da far circolare l’ipotesi che potesse finire come FTX. Invece, ha retto, eseguendo tutti i prelievi richiesti.
In teoria anche per Grayscale si potrebbe fare un discorso simile, anche se è ancora presto per dirlo con certezza.
Quindi dopo il crollo del 9 novembre, e l’inizio della reazione a catena, ci sono già stati due eventi imprevisti che hanno rischiato di far riprendere il crollo, ma che invece si sono rivelati essere solamente scenari immaginifici privi di concretezza.
A tal punto il futuro sembra decisamente incerto anche sul breve periodo, perché se da un lato non si intravedono situazioni concrete così gravi da far riprendere il crollo, dall’altro è chiaro che invece nuovi imprevisti potrebbero saltare fuori da un momento all’altro.
Inoltre, i mercati crypto in questo momento appaiono ancora decisamente deboli, tanto che un qualsiasi grave imprevisto potrebbe facilmente innescare nuovi crolli.