Continuano le preoccupazioni per il Trust Bitcoin controllato da Grayscale, che è a sua volta controllato da DCG, che controlla Genesis, in difficoltà a causa della crisi innescata da FTX. La preoccupazione, neanche a dirlo, è che il fondo sia costretto a liquidare i suoi oltre 600.000 Bitcoin in portafoglio, innescando da un lato altro panico, dall’altro colpendo in modo importante il prezzo di Bitcoin.
Se ne stanno leggendo di cotte e di crude sui social e in particolare su Twitter e nonostante recentemente ci siamo occupati proprio di spiegare la situazione, sarà il caso di aggiungere qualche dettaglio per permettere a tutti di valutare la situazione per conto proprio.
Nel frattempo Bitcoin è praticamente fermo sul suo prezzo da 48 ore e qualcuno ne sta approfittando per fare compere a prezzi interessanti almeno rispetto a qualche anno fa. Possiamo investire in via speculativa su Bitcoin anche con eToro – vai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con SERVIZI PREMIUM ATTIVATI. Possiamo utilizzare questo intermediario anche per accedere ad altri strumenti di analisi.
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GBTC: il trust Bitcoin che fa tremare… più di quanto dovrebbe
Sì, abbiamo già affrontato l’argomento ieri ma dato che in molti tra i nostri lettori ci hanno scritto per saperne di più, sarà il caso di aggiungere qualche dettaglio, al fine di avere più elementi per valutare l’effettivo grado di rischio per il più importante Trust che ha Bitcoin in cassa.
- La questione del prezzo delle quote
Per chi non avesse seguito la vita del Trust, sembrerà strano vedere come il valore delle quote che rappresentano il fondo sia di oltre il 40% più basso del controvalore in Bitcoin contenuto nel portafoglio del Trust. Non è una situazione che si è creata adesso ma che in realtà va avanti da tempo. E no, il motivo non è il fatto che ci siano persone che dubitano del fatto che $GBTC abbia effettivamente quei Bitcoin in cassa.
Lo scollamento (al ribasso) è in realtà partito da tempo per tutta una serie di motivi, che dovremo pur spiegare per capire cosa sta avvenendo da mesi a quel fondo. In primo luogo si tratta di quote non liquide: non possiamo presentarci da Grayscale e chiederne la conversione in Bitcoin. Così come ci sono dei lock, ovvero le quote di nuova emissione non possono essere rivendute ad altri per i primi 6 mesi.
L’interesse degli istituzionali per Bitcoin è già in calo da qualche settimana, e in aggiunta a questo la presenza di nuovi strumenti, come gli ETF che replicano il prezzo dei futures su Bitcoin, hanno reso $GBTC sempre meno appetibile.
D’altronde l’enorme quantità di Bitcoin del fondo era stata accumulata grazie ad una domanda importante da parte di istituzionali che, almeno ai tempi, non avevano alternative. Oggi queste alternative esistono.
- Grayscale ha molte quote del suo stesso fondo
Nel tempo Grayscale ha accumulato una quantità importante di quote dello stesso fondo che gestisce. Questo è avvenuto sia in seguito al fallimento di 3AC, sia per la volontà di voler provare a sostenere il prezzo delle quote del fondo sul mercato secondario. Ad oggi Digital Currency Group, che controlla Grayscale, ha 28 milioni di quote. Il secondo nella classifica dei detentori è ARK Investment che ne ha circa 6,4 milioni.
ENTITÀ | QUOTE |
---|---|
Digital Currency Group | 28.080.646 |
ARK Investment | 6.491.122 |
Horizon Kinetics | 2.311.090 |
Simplify | 383.662 |
Parkwood | 260.000 |
Emerald | 215.470 |
Rotschild Investments Corp | 95.453 |
- Cosa potrebbe accadere nel caso di dissesto di DCG?
La procedura corretta, a meno che non ci sia qualcuno che voglia rilevare la guida del Trust, sarebbe di liquidare i Bitcoin che sono in cassa e restituire controvalore in dollari ai possessori di quote. Questa è di gran lunga l’ipotesi peggiore per l’intero ecosistema.
Tuttavia sembrerebbe per ora assurdo non vedere l’interesse di terzi in questo tipo di gestione, dato che frutta il 2% sul NAV, ovvero sul controvalore in Bitcoin del fondo e non sul prezzo di mercato delle quote.
Grayscale ha in cassa Bitcoin? Oppure c’è il rischio che…
Trust no one, non credere a nessuno, soprattutto dopo il crack di FTX. Ma parliamo di una società che è sotto la vigilanza di SEC, sotto diversi audit e che ha versato i propri Bitcoin presso Coinbase, al fine di utilizzare il proprio servizio di Custodia. Gli indirizzi del wallet non sono stati pubblicati, dice Grayscale, per motivi di sicurezza, cosa che ha innescato nuove polemiche. Polemiche che trovano terreno fertile anche in un mercato che è afflitto da preoccupazioni importanti e che arriva da un lungo, lunghissimo periodo di ribassi.
Coinbase ha recentemente confermato il fatto che i fondi sono correttamente custoditi presso le proprie trutture, in una lettera firmata dal capo della divisione finanziaria del gruppo Alesia Haas. Ed è stato confermato il fatto che quei Bitcoin non possono essere utilizzati collaterale per prestiti o dati in prestito essi stessi.
E molti tra i più estremisti del mondo Bitcoin non sembrerebbero avere dubbi sulla cosa. Vuol dire che non c’è nessun tipo di rischio? Non esiste nulla a rischio zero, ma le preoccupazioni per ora sembrano essere decisamente eccessive.
Digital Currency Group è davvero in dissesto?
È sicuramente in dissesto la divisione prestiti, che starebbe cercando liquidità per 1 miliardo di dollari che la holding non sarebbe disposta a finanziare, dopo aver immesso liquidità già diverse volte in questo ramo dell’azienda.
Il silenzio negli ultimi giorni del CEO Barry Silbert non sembrerebbe aiutare nessuno a recuperare un po’ di tranquillità. Difficile però pensare che ci vadano di mezzo i Trust (non ci sono soltanto quelli su Bitcoin, ma anche su Ethereum e tanti altri asset cripto.
Certo la tensione sul mercato non aiuta. Tutti sono sospetti, perché delle dimensioni effettive del contagio nessuno può avere ancora contezza.
L’articolo 630.000 Bitcoin di GBTC esistono davvero? | Ecco le teorie del complotto proviene da Criptovaluta.it®.