DBS Bank è la più grande banca di Singapore.
Di recente il suo CEO, Piyush Gupta, ha dichiarato che la banca ha in programma di far crescere la propria attività legata alle criptovalute ed agli asset digitali, nonostante il bear market.
Singapore: la DBS Bank vuole continuare ad investire in servizio crypto
In particolare, secondo quanto riferisce il Financial Times, vuole espandere il proprio exchange digitale ed offrire servizi a più di 300.000 grandi clienti in Asia.
L’Asia è sicuramente il secondo principale mercato per le criptovalute dopo quello nordamericano, e Singapore è uno degli hub crypto principali. Inoltre DBS Bank non fornisce servizi solo agli abitanti di Singapore, ma a moltissime persone residenti nel sud-est asiatico.
Inoltre visto che in Cina è di fatto vietato fare attività di exchange crypto, sono spesso proprio gli exchange di Singapore e della Corea del Sud a fornire servizi crypto ai cinesi. Infatti i cinesi non hanno mai smesso di utilizzare le criptovalute, ad esempio per fare trading, nonostante la legge cinese di fatto lo vieti.
Quindi se ai circa 600 milioni di abitanti del sudest asiatico si aggiungono anche gli 1,3 miliardi della Cina, il potenziale bacino di utenza per i servizi crypto offerti dalle banche di quella zona è davvero enorme. Ad esempio in nord-America risiedono ufficialmente solo poco più di 350 milioni di persone.
Secondo il CEO di DBS, la forte flessione del mercato crypto del 2022 in realtà ha indicato che dovrebbero essere le istituzioni finanziarie consolidate e regolamentate, e non le semplici start-up, ad offrire ad investitori e speculatori retail prodotti come il trading di asset digitali.
In effetti piattaforme non istituzionali e non regolamentate possono esporre il cittadino inesperto a rischi maggiori rispetto a quelli che potrebbe correre se invece si rivolgesse solo ad istituzioni regolamentate.
A dire il vero ormai di veri e propri exchange “istituzionali”, e soggetti a rigide regole e normative, ce ne sono già, ma ci sono alcuni Paesi in cui le piccole startup crypto proliferano maggiormente. È possibile che il sudest asiatico sia pieno di Paesi di questo tipo, mentre ad esempio in nord-America le istituzioni crypto sono di sicuro di più. Nonostante questo però il bear market ha colpito duramente anche i piccoli investitori americani, o europei.
DBS l’anno scorso ha ottenuto una licenza dalla Monetary Authority di Singapore per offrire servizi crypto, consentendo così ai suoi facoltosi clienti istituzionali di accedere su invito al suo DBS Digital Exchange.
Questo ha portato tuttavia all’interno dell’exchange meno di mille utenti, dato che si trattava solo di grossi clienti istituzionali entrati su esplicito invito della banca.
Ora però la strategia cambierà, e punteranno a raggiungere altri 300.000 ricchi clienti della banca in tutta l’Asia. Tra questi vi saranno anche banche private, investitori accreditati, altri exchange e fondi.
Secondo Gupta DBS ha dovuto sopportare la spinta di Singapore verso una tecnologia finanziaria all’avanguardia, perché i loro clienti li considerano pionieri nel settore, tanto da spingere oltre gli attuali confini. Queste dichiarazioni sono molto interessanti perché si riferiscono probabilmente proprio ai clienti istituzionali e facoltosi a cui è rivolto il loro exchange digitale.
Inoltre il fatto che secondo Gupta sia stato proprio il bear market a spingere verso l’adozione di soluzioni istituzionali nel settore crypto fa presupporre che la banca non abbia una visione particolarmente pessimista sui mercati crypto.
Va comunque ricordato che Singapore sta cercando di diventare un hub crypto per l’Asia sud-orientale, dato che la sua economia dipende anche proprio dai servizi finanziari, ed in questo percorso sembra più che plausibile che in qualche modo anche le istituzioni abbiano deciso di coinvolgere la maggiore banca del paese.
Tale strategia è stata messa a dura prova quest’anno, in particolare a causa dell’implosione di progetti o fondi crypto che avevano sede proprio a Singapore, come Terraform Labs e 3AC. Infatti la scorsa settimana l’autorità di regolamentazione dei mercati finanziari di Singapore ha fatto sapere che adotterà nuove misure per proteggere gli investitori retail.
È possibile immaginare che proprio per alzare ulteriormente il livello di protezione degli investitori retail, ed in particolare di quelli facoltosi, stiano puntando su piattaforme istituzionali e regolamentate di alto livello, come quelle che può offrire DBS, al posto che su startup più difficile da controllare e con comportamenti spesso anticonvenzionali.
È lo stesso CEO di DBS a confermare questa specie di paradosso, ovvero quello di un Paese che da un lato vuole diventare un importante hub crypto a livello globale, ma dall’altro si preoccupa per il fatto che i cittadini comuni possano farsi del male, finanziariamente, a causa di un asset class speculativa come quella delle criptovalute.
Gupta rivela che le perdite subite dagli investitori retail nel 2022 sono corpose, anche perchè ad esempio sul loro DBS Digital Exchange il numero degli scambi è più che raddoppiato da aprile a fine giugno, ovvero durante il periodo dell’implosione prima dell’ecosistema Terra/Luna e poi di Three Arrows Capital. Anzi, durante il medesimo periodo afferma che la quantità di BTC acquistati è aumentata addirittura di quasi quattro volte.
Al tempo stesso rivela però anche che l’autorità di regolamentazione non sembra essere completamente d’accordo con questa strategia, ovvero quella di trasformare Singapore in un hob crypto di livello mondiale. È possibile che proprio ciò che è accaduto a maggio abbia convinto la MAS (Monetary Authority of Singapore) a voler essere più prudente da questo punto di vista, anche per evitare di rovinare una reputazione che fino ad oggi è sembrata essere solida e positiva.
D’altro canto però Gupta ha anche rivelato che circa 1 miliardo di dollari è uscito dai conti di DBS verso gli exchange crypto prima che aprissero il loro exchange, e questo sembra in effetti un ottimo motivo dietro la scelta della banca di lanciarne uno.
In altre parole questa sembra una strategia inevitabile da adottare per chi vuole rimanere leader nel settore finanziario del terzo millennio, a prescindere dalle nuove problematiche che queste nuove tecnologie comportano. Se sul breve termine la prudenza della MAS sembra in effetti giustificata, sul lungo periodo potrebbe rischiare di produrre danni all’economia del piccolo stato asiatico.
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