Bitcoin è un protocollo che utilizza Proof-of-Work (PoW) come meccanismo di consenso. Si tratta di un meccanismo che prevede un significativo consumo di energia elettrica che incrementa con l’aumentare del valore di BTC, ma al tempo stesso garantisce un’elevata immutabilità della sua blockchain.
Altri protocolli crypto, invece, utilizzano Proof-of-Stake (PoS), perché è un meccanismo meno energivoro e che consente di generare blocchi più velocemente. È, però, un po’ meno sicuro di PoW.
Ad esempio, Ethereum nasce con PoW, ma poi nel corso degli anni ha deciso di passare a PoS. Qualcosa del genere potrebbe accadere anche al Bitcoin?
E se Bitcoin diventasse un sistema PoS?
Ad oggi la risposta è sicuramente no.
Infatti, nessuno ha il potere di modificare arbitrariamente il protocollo Bitcoin, ed in questo momento non c’è una grande maggioranza di utilizzatori di Bitcoin che accetterebbe una sua modifica così radicale.
Per passare da PoW a PoS bisogna cambiare completamente il sistema con cui vengono creati i blocchi, tanto che, ad esempio, Ethereum ha dovuto persino creare una nuova blockchain basata su PoS, decidendo di abbandonare quella vecchia basata su PoW una volta effettuato il passaggio definitivo.
Forse, ma il condizionale è d’obbligo, in un futuro relativamente lontano anche per Bitcoin potrebbe crearsi una forte maggioranza di utilizzatori che approverebbe un tale radicale cambiamento, ma ad oggi non si riesce ad intravedere nemmeno questo scenario.
Inoltre, sebbene c’è chi sostiene che il consumo energetico di Bitcoin continuerà ad aumentare a ritmo elevato, fino a che il passaggio a PoS diventerà necessario, in realtà, invece, a lungo andare il consumo energetico del mining di Bitcoin è destinato a scendere, a causa dei continui dimezzamenti dei premi per i miner una volta ogni 4 anni.
Detto questo, nessuno, però, vieta di immaginarsi in via puramente teorica cosa potrebbe comportare il passaggio a PoS di Bitcoin.
In realtà non è così difficile. Infatti, qualora si decidesse di sostituire PoW con PoS anche su Bitcoin il processo potrebbe essere simile o addirittura molto simile a quello fatto da Ethereum.
Tuttavia, PoW consente di mantenere molto costante nel corso degli anni il blocktime, da cui dipende la politica monetaria di Bitcoin: un blocco sempre ogni circa 10 minuti, ed un dimezzamento dei BTC in premio ogni 210.000 blocchi, ovvero poco meno di 4 anni. Con PoS potrebbe essere più difficile mantenere fissa e rigida questa politica monetaria.
Gli svantaggi del Proof of Stake
Il passaggio a PoS poi creerebbe significative differenze tra i nodi con più BTC in staking e gli altri. Ora come ora, invece, i circa 10.000 nodi pubblici di Bitcoin sono tutti uguali, tutti con lo stesso potere. PoS, invece, inevitabilmente porta alcuni nodi a gestire un numero maggiore di token, di fatto rendendoli in qualche modo più “potenti”.
Di sicuro, però, farebbe sparire i miner, perché PoS non prevede mining. Questo ridurrebbe di colpo drasticamente il consumo energetico, che attualmente è forse il singolo maggiore problema per Bitcoin.
Il fatto che PoS risulti dare un po’ meno sicurezza di PoW, invece, potrebbe anche non essere così significativo, perché il livello di sicurezza attuale è talmente alto che anche un grado leggermente inferiore forse potrebbe essere considerato tollerabile.
Invece, il fatto che i protocolli PoS spesso siano meno decentralizzati potrebbe essere un problema per Bitcoin, ad esempio, nel caso in cui si venissero a formare pochi grandi nodi con immense quantità di BTC immobilizzati in staking, e quindi dal grande potere decisionale.
Forse è questo uno dei motivi principali che spinge la maggioranza degli utilizzatori di Bitcoin a non volere cambiamenti nel protocollo di base, perché l’elevato grado di decentralizzazione di Bitcoin è proprio uno dei suoi massimi punti di forza, da proteggere e mantenere il più possibile.
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